Tosto, diretto e terribile come sempre, Virzì si intromette nel discorso indubbiamente attuale del precariato e in "Tutta la vita davanti" mostra sotto una nuova luce la società dei contratti a progetto, dei call center e dei giovani in generale.
Marta (Isabella Ragonese), neo-laureata "col botto", si ritrova così a fare i conti col mondo del lavoro, che ad un primo acchitto sembra non offrirle nient’altro che una sedia da telefonista presso la “Multiple”, promettente azienda nel campo delle vendite. Piano, piano, quello che all’inizio sembrava un normale lavoro, si rivelerà un vero e proprio gorgo di falsità e false apparenze che illude i poveri lavoratori con inutili premi, punendoli allo stesso tempo con epici licenziamenti "di piazza" e esaltandoli con training motivazionali.
Gli slogan lungimiranti e i ricatti psicologici dell’azienda guidata da Claudio (Massimo Ghini) sembrano far dimenticare la precarietà del posto e creano una competitività esasperata fra gli invasati venditori, che lottano per ricevere una stupida medaglietta da primi della classe.Inutili sono i tentativi del debole sindacalista Giorgio Conforti (Valerio Mastandrea) che cerca in tutti i modi di svegliare le ignare telefoniste, degne rappresentanti di una società alienata nella quale la
superficialità fa da padrona.
E se Marta può ancora sognare un mondo migliore, tutto attorno resta un ritratto allarmante dell’Italia di oggi. Un film amaro, che lascia con un groppo in gola e manda un segnale forte sul mondo in cui viviamo dove la società offre lavori che blindano le emozioni.