"Sabato 10 aprile militari afgani e della coalizione internazionale hanno attaccato il Centro chirurgico di Emergency a Lashkar-gah e portato via membri dello staff nazionale e internazionale. Tra questi ci sono tre cittadini italiani: Matteo Dell'Aira, Marco Garatti e Matteo Pagani.
Emergency è indipendente e neutrale. Dal 1999 a oggi EMERGENCY ha curato gratuitamente oltre 2.500.000 cittadini afgani e costruito tre ospedali, un centro di maternità e una rete di 28 posti di primo soccorso." - EMERGENCY
CLICCA QUI PER SOTTOSCRIVERE L'APPELLO AL RILASCIO IMMEDIATO DEI PRIGIONIERI Non essendo stati ancora formulati i capi d'accusa, ci si deve affidare alle dichiarazioni delle autorità afghane della provincia di Helmand, secondo le quali sarebbero state ritrovate, all'interno dell'ospedale, delle armi destinate ad un attentato contro il governatore locale Gulab Mangal. Del loro possesso sarebbero stati accusati, e quindi arrestati, Matteo Dell'Aira, Marco Garatti e Matteo Pagani, oltre a collaboratori afghani dell'ONG.
Molti i dettagli che alimentano i dubbi riguardo alla legittimità dell'iniziativa, condotta dall'
intelligence afghana e dalle truppe della coalizione internazionale stanziate nel Paese asiatico, a cominciare dall'atteggiamento dei militari occidentali, che, dopo aver categoricamente smentito di essere stati coinvolti nell'operazione, sono stati sbugiardati dalle stesse autorità politiche di Lashkar Gah, oltre che da un filmato che li ritrae sul luogo del misfatto e da una telefonata effettuata dallo staff di Emergency sul cellulare di uno dei fermati, sempre al momento dell'arresto, a cui ha risposto un soldato britannico. Agli arrestati non è stata immediatamente garantita l'assistenza di un avvocato, e il Governo italiano non è stato avvertito per tempo della situazione.
Il giorno dopo l'arresto il
Times ha riportato una dichiarazione di Daoud Ahmadi, portavoce del governatore, secondo cui ci sarebbe stata una confessione, ma poi tutto è stato smentito. Sono saltate fuori accuse anche riguardo all'omicidio di Adjmal Nashkbandi, giornalista afghano sequestrato dai talebani nel 2007 assieme al collega italiano Daniele Mastrogiacomo (il quale però sostiene di non aver mai neanche visto i diretti interessati, e ricorda la vicenda di un altro collaboratore di Emergency, Ramatullah Anefi, che fu accusato di fiancheggiamento nei confronti dei talebani solo per aver svolto il ruolo di mediatore con i rapitori). Addirittura si parla di denaro ricevuto dagli accusati per compiere l'attentato contro Mangal.
Molte le accuse, ma poche (anzi, nessuna) le prove fornite, visto che, come detto, a ormai parecchi giorni di distanza dagli arresti non ci sono ancora capi di imputazione ufficiali, né si sa cosa intendano fare le autorità afghane nei prossimi giorni. L'ambasciatore Claudio Glaentzer ha visto i detenuti a Kabul confermandone lo stato di salute, ma non ha potuto rassicurarli in modo più che vago in merito al loro futuro, dato che i vertici afghani non si sono minimamente sbottonati con il Governo italiano nemmeno per fugare i dubbi relativamente alla stessa legittimità del fermo dal punto di vista legale (oltre a mancare ogni accusa ufficiale, il termine di carcerazione per i soggetti coinvolti non avrebbe dovuto superare le 24 ore salvo un atto di convalida della Procura, che al momento non esiste).
Duri i commenti del fondatore di Emergency, Gino Strada, che ha accusato il Presidente afghano Karzai di voler scacciare dal Paese con accuse false Emergency quale testimone scomodo degli "effetti collaterali" delle operazioni militari anti-talebane. L'ONG ha da sempre contrasti con le truppe straniere ed il Governo di Kabul anche per avere la "colpa" di curare i feriti indipendentemente dal loro schieramento di appartenenza.
Ambigua la condotta del Governo italiano, che prima, per bocca del Ministro degli Esteri Frattini, aveva manifestato fiducia nei confronti delle autorità afghane, salvo poi esprimere la sua insoddisfazione per le rassicurazioni ricevute. Lo stesso Frattini ha dichiarato:
"Prego che non ci sia nessun italiano che abbia direttamente o indirettamente compiuto atti di questo genere. Lo prego davvero di tutto cuore, perché sarebbe una vergogna per Italia", spingendo qualcuno a chiedersi cosa aspettasse la Farnesina a verificare l'attendibilità delle prove che Kabul sostiene di possedere.
Il Ministro della Difesa La Russa taglia corto e consiglia a Strada di
"evitare di accusare il governo afghano, di gridare al complotto della Nato e di tirare dentro il governo italiano", nonché di prendere
"le distanze dai suoi collaboratori", perché
"può sempre succedere di avere accanto, inconsapevolmente, degli infiltrati, come le Br con il Pci o i Nar con l'Msi", come se già fosse convinto della colpevolezza dei tre, e ha rincarato la dose sostenendo che
"la storia del complotto non sta in piedi. Se le autorità afghane avessero fatto un imbroglio contro Emergency ci saremmo arrabbiati anche se il loro orientamento politico è noto a tutti. Quanti esponenti di sinistra abbiamo salvato negli scenari di guerra?". Questo a corredo delle ulteriori affermazioni di Frattini, secondo cui Strada
"parla più da politico che da medico"...
Secondo fonti giornalistiche locali, ci sarebbe stata una manifestazione della popolazione con la richiesta alle autorità della chiusura dell'ospedale, ma al momento gli unici dati corroborati da fonti accreditate riguardano il massiccio supporto offerto, per esempio, da 8500 abitanti di Anabah, nella valle afgana del Panshir (dove Emergency ha un ospedale, un centro di maternità e diciotto posti primo soccorso), che hanno sottoscritto in massa l'appello dell'organizzazione. In merito al presunto episodio, comunque, Strada dichiara:
"Fanno parte della propaganda, ci furono anche quando fu rapito il giornalista di Repubblica Daniele Mastrogiacomo, in Afghanistan non ci vuole molto; non serve nemmeno pagarle, basta andare da una cinquantina di persone e dire loro: andate a far casino in quel posto".
Oggi pomeriggio a partire dalle 14.30, intanto, è in corso una manifestazione di sostegno ad Emergency in Piazza S. Giovanni, a Roma. Molte le adesioni illustri, sia alla manifestazione che all'appello (queste ultime pubblicate assieme al form dello stesso).