Nonostante tutto, ancora una volta il Liga ci ha sorpresi.
Mi sarei aspettato una serata tendenzialmente noiosa, all'insegna delle alternanze tra vecchi classici, riproposti sempre nella solita maniera e nel solito ordine, e nuove canzoni, magari anche carine da sentire dal vivo ma eccezionalmente noiose se ascoltate nelle versioni studio.
E invece il Liga ci ha sorpreso, ancora una volta.
Prima di tutto, le numerose scelte. Dentro 10 canzoni su 12 del nuovo disco, come si sapeva, di cui 4 accorpate all'inizio. Dentro la chiusura con le luci accese, alla "mattatore americano" (nell'ultimo anno, solo nella capitale, avevano chiuso i loro concerti a luci accese il Boss, sua Santità Bruce Springsteen, e i Metallica), ma con una canzone che più che dare speranza per il futuro, toglie la malinconia e ti fa uscire dallo stadio con buonumore. Dentro una miriade di effetti di scena, dalla valigia piena di scintille in "Il peso della valigia", alla Reflex (che si è scoperto incapace a usare) collegata agli schermi del palco, da cui si poteva vedere cosa e chi inquadrava. Dentro un palco finalmente all'altezza delle oltre 70.000 presenze, che può diventare teatro di effetti di luce veramente bellissimi, tra stroboscopiche e flash, o schermo a 16:9 della lunghezza di 50 metri circa. Dentro una band sempre più affiatata, con l'aggiunta di un Corrado Rustici che alla chitarra ha saputo fare la differenza.
Ma se sono tanti i "dentro", le scelte di Luciano comprendono anche tanti "fuori". Prima di tutto, fuori la solita vecchia solfa. Basta chiusura "vecchio stile", con 4-5 canzoni "hard rock" (che per il rocker di Correggio sono Balliamo sul Mondo, Tra palco e realtà, Urlando contro il cielo....) che lasciano spazio a un paio di ballate finali. Basta solito ordine, con struttura a V (si parte dall'eccitazione estrema, con brani più pesanti, per arrivare a una fase centrale "acustica" e ritornare al fomento iniziale per la conclusione). Per quanto riguarda il palco, basta "Anello degli 800". La passerella, che in tutti i vecchi tour si estendeva fino a metà del parterre chiudendo al suo interno 800 fortunati, i primi a giungere nel luogo del concerto, viene soppiantata da una serpentina lunghissima, che copre quasi per intero il lato corto del prato. Fuori Bar Mario e scenette con Claudio Maioli, che appare in tutto il suo splendore all'apertura per poi non fare ritorno sugli schermi del palco, come al solito.
Stavolta non è stato "Come al solito". Il Liga ha saputo ri-inventarsi radicalmente, eliminando quasi tutte le "consuetudini" più radicate, e Bar Mario ne è l'esempio essenziale".
Ecco la scaletta del 9 Luglio, prima data del tour, a Roma.
00. Intro – Taca Banda (con Claudio Maioli)
01. Quando canterai la tua canzone
02. La linea sottile
03. Nel tempo
04. Balliamo sul mondo
05. Bambolina e barracuda
06. Certe notti
07. La verità è una scelta
08. Il giorno di dolore che uno ha
09. Libera nos a malo
10. Atto di fede
11. Il giorno dei giorni
12. Ci sei sempre stata
13. Piccola stella senza cielo
14. Marlon Brando è sempre lui
15. Ho perso le parole
16. Sulla mia strada
17. Il peso della valigia
18. Questa è la mia vita
19. Un colpo all’anima
20. A che ora è la fine del mondo
21. Urlando contro il cielo
Bis:
22. Tra palco e realtà
23. Buonanotte all’Italia
24. Il meglio deve ancora venire
Bella, bellissima l'entrata. Un orologio che segna i minuti mancanti allo "Showtime", lo scoccare delle 21:15, Claudio Maioli, acclamato come "Mario" dai fan che appare in carne e sorridente come al solito, che ci canta una versione inedita di "Taca Banda" (brano che solo dopo le emozioni del concerto riesco a rivalutare), con un testo tutto dedicato al concerto della serata.
Il primo stacco dopo "Nel tempo". "Così era come si apre il mio nuovo album, e così invece è come iniziava, 20 anni fa, il mio primo disco". Boato. Parte Fede Poggipollini con il riff di "Balliamo sul mondo". Sugli schermi colori sgargianti e inquadrature dei musicisti. La versione proposta ieri sera del primo singolo pubblicato, ahinoi, 20 anni fa, da Luciano, surclassa letteralmente quella proposta 2 anni fa, sempre all'Olimpico, che mi era sembrata "distaccata", "spenta". E, brutto a dirsi, distaccate e spente mi sono sembrate "Libera Nos a Malo", nonostante le accattivanti grafiche apparse sullo schermo (chi c'era può facilmente capirmi), "Certe notti", che nonostante il bagno di folla sulla passerella del nostro beniamino aveva poco da offrire, "Il giorno dei giorni", anticipata da uno strepitoso assolo di percussioni di Michael Urbano.
Letteralmente strepitose "Atto di Fede", "La verità è una scelta", "A che ora è la fine del mondo?", alle quali il rocker emiliano ha voluto dare un nuovo taglio proponendo nuovi messaggi (Nella prima sono apparsi i simboli di tutte le religioni sullo schermo, durante la seconda immagini di manifestazioni di piazza, ad anticipare la terza un richiamo alla privatizzazione dell'acqua). Inaspettata "Marlon Brando è sempre lui", sicuramente la migliore performance della serata. Tra stacchi, rimproveri ironici del Liga, luci stroboscopiche a volontà, è in questa canzone che si è percepita chiaramente la voglia di divertirsi della "nuova banda". E Rustici, come già detto, ha arricchito l'esibizione con un solo che surclassava a dir poco Bossini e Capitan Fede.
Che dire della nuova banda? La differenza rispetto a due anni fa si sente eccome. Se prima era la potenza di Urbano alla batteria a dominare, ieri sera è stato l'insieme a vincere. Forse un po' fiacche le tastiere di Luciano Luisi e Josè Fiorilli, ma non è un male: per dare "del porco rock n' roll", come acclamavano i fan citando il live a Campovolo, i sintetizzatori possono anche sentirsi un po' di meno. Kaveh Rastegar al basso, una vera benedizione. Purtroppo in calo Fede Poggipollini. Il capitano sembra aver ceduto un po' della sua verve al suo collega Niccolò Bossini, sempre più metal nello stile, ma eccezionale ieri sera.
Tirando le somme, un concerto da vedere, sicuramente, per chi il Liga già l'ha visto tante volte e per chi non l'ha visto mai. Con questa nuova passerella anche dai posti più in fondo al parterre si vede benissimo. Piccolo consiglio: se prendete i posti prato mettetevi centrali, magari rinunciando ad un piazzamento angolato ma a bordo palco: vi godrete di più il bello spettacolo.
E come diceva il nostro Lucianone, così come titolava la scritta su un aereo volteggiante intorno allo stadio, regalo del fan club ufficiale (una delle cose più belle del pre-concerto): "Il meglio deve ancora venire"!