Stratovarius, le puntate precedenti: nel 2003 il gruppo dà alle stampe, dopo l'ottimo
Elements Pt. 1, l'assolutamente mediocre
Elements Pt. 2. A quel punto il batterista Jörg Michael e il cantante Timo Kotipelto lasciano la band, ormai bersaglio di ripetute contestazioni, per poi rientrarvi nel 2005 registrando l'ancor più penoso
Stratovarius, il disco che in assoluto c'entra meno con la band. Dopo estenuanti discussioni e varie diatribe legali, gli Stratovarius decidono, nel 2008, di rilasciare
Revolution Renaissance, che doveva essere l'album della rinascita; peccato che nello stesso anno il chitarrista e leader Timo Tolkki abbia pensato bene di fregarsi il disco pubblicandolo come proprio lavoro solista supportato una nuova band assemblata per l'occasione, lasciando agli ormai ex-colleghi solo il demo. Questi ultimi non si mostrano granché stupefatti, e senza indugi abbandonano al suo destino l'ormai non più sano mentalmente Tolkki (finito persino in manicomio...) e assumono lo sconosciuto - ma estremamente virtuoso - chitarrista Matias Kupiainen, classe 1983, che nel successivo lavoro della band, datato 2009 e intitolato
Polaris, produrrà praticamente il doppio di quello che era stato in grado di fare Tolkki nei due album precedenti messi insieme.
E veniamo al dunque,
Polaris, appunto: mi stupisco sempre di come la gente sia ancora attaccata ai due precedenti lavori della band ed a Tolkki, rifiutando il nuovo chitarrista, poichè Kupiainen, provenendo dal
Jazz e dal
Death Metal, riesce ad ampliare notevolmente il
sound della band. Infatti se gli Stratovarius sono la band più fedele al genere è perché hanno tutte le caratteristiche del
Power classico: velocità, tecnica, melodia, potenza, neoclassicismo, ma grazie a questo disco da ora in poi la band avrà anche sprazzi molto più
Progressive, senza contemporaneamente scadere in toni eccessivamente melodici, ma cercando piuttosto di utilizzare tali intrusioni per recuperare la drammaticità dei temi musicali presenti nei primi lavori.
Partiamo dalla prima canzone, pubblicata fra l'altro come singolo:
"Deep Unknown", un potente infuso di
Power e
Progressive Metal che già nell'
intro di tastiera di Jens Johansson e con gli assoli e la potenza del nuovo chitarrista che non si scherza con i nuovi Stratovarius! Continuiamo con
"Falling Star", probabilmente la migliore canzone del disco: un
incipit iniziale più che esaltante con un ritmo che viene replicato sia dalla tastiera che dalla chitarra; qui il
sound è più variegato, mostrando come la band di Helsinki in quest'album abbia sperimentato nuove sonorità più mistiche e "d'atmosfera" anche nell'ambito del
sinth. Successivamente abbiamo quella che, pur non essendo altrettanto valida, risulta la più interessante, e che potrà forse portare grande ispirazione ai futuri lavori della band:
"King of Nothing". Questa è una canzone che per suono può sembrare uscita da un film sui Templari: si comincia con i toni enigmatici di una tastiera leggermente distorta, a metà tra un pianoforte ed un clavicembalo, per poi continuare con un emozionante, lenta, ma allo stesso tempo incalzante melodia a tratti medioevale e a tratti dark e misteriosa. Da notare anche il ritornello, con un coro esaltante che la rende una delle canzoni
Power più fedeli al genere, nonostante non sia stata usata la classica ritmica in
Power Chord. Piccola parentesi: inizialmente il pezzo avrebbe dovuto anche dare il nome all'album. Per rendere ancora più variegato il disco, abbiamo
"Blind", una canzone che comincia con un clavicembalo baroccheggiante per poi scatenarsi con doppia cassa sparata a mille e riff di chitarra velocissimi in stile
Death Metal, che supportano la voce acuta e cristallina di Timo Kotipelto. Unica nota (leggermente) stonata: il ritornello è uguale a
"Take on Me" degli A-Ha, in una versione molto più basilare e melodica che si contrappone alla potenza della chitarra di Kupiainen, per poi concludersi nella ripetizione dell'
intro con il clavicembalo. Nonostante non sia all'altezza della vecchia
"Black Diamond",
"Blind" sembra averne tuttavia ereditato la struttura: apertura con clavicembalo, uso della ritmica (invece della melodia) a supportare le voce, ritornello potente e finale di nuovo con clavicembalo.
Dopo questo esempio di
Neoclassical Metal (comunque piuttosto fedele agli schemi
Power), abbiamo finalmente la canzone più drammatica ed emozionante:
"Winter Skies", che, con una melodia di piano orientaleggiante come
intro ed un lungo assolo di tastiera e poi ancora con una più che commovente chitarra, si conclude con uno struggente ritornello cantato con anima e corpo; letteralmente immensa anche la composizione, che fa sembrare il pezzo una sinfonia di musica classica, nonostante non ci siano archi o clavicembali, ma solo il piano. Dopo la potenza di
"Blind" e i toni rilassati di
"Winter Skies", l'ascoltatore viene svegliato di soprassalto da
"Forever is Today", che per la prima volta nel disco non vede protagoniste le tastiere di Jens Johansson per candidarsi a diventare la nuova
"Speed of Light", una canzone alla Dragonforce, insomma, puntando più che mai sull'abilità del nuovo chitarrista in uno
Speed-Power Metal velocissimo, ma contemporaneamente spensierato e con buone doti compositive, melodiche ed armoniche nel ritornello. Se, fino a questo punto, gli unici problemi del disco sono stati qualche leggero intermezzo melodico o il ritornello di
"Blind", ci penserà
"Higher We Go" a riequilibrare la situazione, con un assolo ed un ritornello che si stampano subito in mente, più un tema potente, ma orecchiabile e squisitamente
Power; nella prima parte cantata di questo brano vediamo - nonostante, come al solito, la voce di Kotipelto non sia sempre supportata da strumenti - non uno sviluppo melodico, bensì un raro, deciso accompagnamento di chitarra che poi diviene sempre più protagonista nel
bridge, fino ad esplodere nel bellissimo e spensierato ritornello
"happy" già citato.
A partire dalla canzone successiva il disco, pur restando buono, si abbassa un po' di livello, visto forse il proposito di eguagliare la drammaticità dei brani del passato sviluppando - dopo la potenza espressa nei pezzi precedenti - un
Power più melodico: così nasce
"Somehow Precious", caratterizzata da un ritornello in crescendo e reso mano a mano più emozionante dalla voce di Kotipelto e dall'accompagnanmento con i piattini in stile
Jazz romantico di Jörg Michael. Dopo questo brano abbiamo la tanto attesa
"Emancipation Suite", divisa nelle due parti
Dusk e
Dawn. Qui, anche se in certi momenti Kotipelto canta quasi a cappella, quindi senza strumenti d'accompagnamento, il livello compositivo è alto: si lascia inizialmente spazio alle note melodiche per poi esplodere in un altro ritornello con grande accompagnamento ritmico e mezze note di Kotipelto, in una combinazione molto particolare. Infine abbiamo la canzone che apprezzo di meno:
"When the Mountains Fall". Inizialmente mi sembrava letteralmente un obbrobrio, ma riascoltando l'
intro di violini e la dolce melodia
ballad di Kotipelto l'ho in parte rivalutata. Scuramente in un disco variegato, potente e con spunti
Progressive come questo,
"When Mountains Fall" si limita a recitare nulla più che il ruolo della solita
ballad piazzata
pro forma alla fine di moltissimi dischi
Power.
In conclusione, dopo la bellezza di
Visions (che si è presentato molto variegato), dopo
Destiny ed
Episode (che da una parte erano molto più commoventi e articolati, dall'altra molto potenti), dopo
Infinite (orientato più verso la chitarra) e l'atmosferico
Elements Pt. 1, ed infine dopo gli orribili
Elements Pt. 2 e
Stratovarius,
Polaris si presenta - come ho già detto prima - come un disco fuori dal comune, che porta gli Stratovarius verso nuove direzioni, senza in ogni caso rinnegare il passato. A mio avviso il miglior disco della band, anche se molti fans preferiranno appiattirsi sui luoghi comuni riguardo ai dischi precedenti.
TRACKLIST1. Deep Unknown
2. Falling Star
3. King of Nothing
4. Blind
5. Winter Skies
6. Forever Is Today
7. Higher We Go
8. Somehow Precious
9. Emancipation Suite: I Dusk
10. Emancipation Suite: II Dawn
11. When Mountains Fall
12. Deep Unknown Mirko Raita Vinyl Mix
(bonus track presente nell'edizione Digipack)Giudizio personale: Ottimo