Il nuovo governo italiano si è fatto caratterizzare in questi mesi dall’incontenibile voglia di lavorare: per il bene della patria, il buon Silvio si è dato da fare e in pochi mesi ha portato l’esercito nelle strade, ha quasi fatto fallire l’Alitalia, modificando tre leggi dello Stato per cederla ai suoi amici, si è reso immune dai processi con il lodo Alfano, ma soprattutto ha profetizzato che il suo sarà il governo del “risparmio”, senza nuove tasse a carico dei contribuenti! Preso come è stato da questi “sacri provvedimenti” si è dimenticato del fatto che i conti li pagherà lo Stato: solo per l’Alitalia ogni italiano dovrà sborsare 100 euro! Resosi conto del piccolo problema ha chiamato una sua devota seguace, il neo-ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini, con l’ordine perentorio di fare cassa, e da brava padana qual è, la Gelmini si è tuffata nel lavoro, partorendo i vari decreti di questi giorni.
Il risultato? La peggiore proposta di riforma dell’istruzione degli ultimi anni, guarnita, ovviamente, con una massiccia dose di propaganda di regime.
I fatti: a giugno del 2008 viene reso noto il decreto Gelmini, che presenta un taglio di 8 miliardi di euro al bilancio del ministero. Presentato come “un risparmio necessario inteso a razionalizzare la spesa” che “darà nuova linfa ad un sistema vecchio”, il taglio è in realtà un modo per recuperare soldi da spendere per cose che servono davvero, come l’esercito nelle strade. Se fossimo in un tribunale, questa sarebbe una truffa. Siccome è politica, si tratta di propaganda. Propaganda... come i grembiuli ai bambini delle elementari e i voti in condotta, che vogliono dare l’impressione di un ritorno alla “serietà di una volta”, quando si sa che non servono a nulla. E la gente, bombardata dai continui proclami televisivi, si beve queste assurdità, un po’ come 60 anni fa, quando ti razionavano il cibo e la chiamavano dieta o magari scoprivi di non appartenere alla razza ariana da un giorno all’altro. Una volta distratta l’opinione pubblica, la Gelmini ha così potuto tirare fuori i provvedimenti un po’ meno giustificabili, come quello del maestro unico: in un colpo solo 60 mila insegnanti dal settembre 2009 saranno per strada. E i precari? “Non è un mio problema”, come ha spiegato. Non ha spiegato, invece, il perché di tutto questo, anche considerando che la scuola elementare è il fiore all’occhiello del sistema scolastico italiano. Secondo quanto ne sappiamo, poi, verranno accorpate le scuole con meno di 500 studenti, cioè 4000 scuole della provincia italiana. La scuola costa? Aboliamola!
Questa è la mentalità della destra italiana: la scuola viene vista come un capitolo di spesa e non come una risorsa su cui investire. In nessuna parte del mondo un governo normale si sognerebbe di tagliare i fondi alla scuola, ma siccome l’Italia non ha un governo normale tutto torna. E non abbiamo nemmeno la consolazione di sapere cosa ci attende per il futuro, dato che questi provvedimenti non sono sufficienti a coprire i tagli previsti.
Così non ci resta che lottare, per il nostro presente e per il futuro altrui, per evitare che la menzogna prevalga sulla realtà, che la logica dell’interesse prevalga sul diritto all’istruzione, che un progetto autoritario del dolce-regime di Berlusconi prevalga su di noi.